UniCal, il Sud che fa scuola al resto d’Italia

L’Università della Calabria è stata individuata dal CENSIS come miglior ateneo d’Italia: intervistiamo il rettore Nicola Leone per capire il metodo innovativo utilizzato da UniCal per attrarre alcuni tra i migliori studiosi al mondo, basato su open call e un accurato lavoro sui bandi

13.03.2025
Studenti sul ponte dell'UniCal

Quando si parla di università, ammettiamolo, si tende sempre a elogiare gli atenei del Nord e del Centro – Bocconi, Politecnico di Milano, Università di Padova, Università di Bologna, Normale di Pisa – e a dimenticare che anche il Sud può fare scuola, in senso sia metaforico che letterale. Tra le università che vanno in questa direzione c’è l’UniCal, Università della Calabria, ormai un vero e proprio punto di riferimento per la didattica, ma anche per la ricerca scientifica.

Grazie a una consolidata strategia di reclutamento diretto, sostenuta con i fondi del MUR (Ministero dell’Università e della Ricerca) e del FIS (Fondo Italiano della Scienza), a Rende, comune della provincia di Cosenza di poco più di 36.000 abitanti, dal 2022 a oggi sono arrivati diversi scienziati di fama internazionale: alcuni di origine calabrese, e altri che hanno visto nelle verdi colline di Arcavacata – frazione di Rende in cui ha sede il campus – il posto ideale per portare avanti la loro ricerca.

A parlare, d’altra parte, sono i numeri: l’UniCal è diventata un polo scientifico internazionale grazie all’inserimento di sette professori per chiamata diretta, cofinanziati dal MUR; due professori straordinari arrivati grazie a finanziamenti esterni; 17 con concorsi da professori riservati agli esterni; altri 15 docenti provenienti da tutte le aree disciplinari, dall’Ingegneria all’Economia alle Scienze umane. Tra gli ultimi nomi: Orazio Attanasio, professore nella prestigiosa Università di Yale, arrivato per chiamata diretta; Ciro Indolfi, luminare del mondo della cardiologia e presidente della Federazione Italiana di Cardiologia, arrivato grazie a finanziamenti esterni; Franca Melfi e Ralph Alexander Schmid, eccellenze della chirurgia toracica.

Per sapere come l’UniCal abbia fatto a diventare un polo così attrattivo abbiamo intervistato il rettore Nicola Leone.

Nicola Leone, rettore dell'Università della Calabria
Nicola Leone, rettore dell'Università della Calabria

 

Rettore Leone, in che modo l’Università della Calabria e il campus di Rende riescono ad attrarre talenti? Su quali aspetti puntate?

Gli elementi sono di vario tipo e, se dovessi sintetizzare, se ne possono individuare quattro. Innanzitutto, UniCal è ormai riconosciuta come un ateneo altamente qualificato, con una forte reputazione scientifica acclarata. Ricordo ancora quanto mi disse Georg Gottlob, luminare del mondo informatico, il cui arrivo da Oxford fece molto clamore: “Mi stupisco del vostro stupore, perché io so con certezza che trovo qui un terreno molto fertile per le mie ricerche: essendo già venuto in visita più volte ho avuto modo di verificarlo”. Abbiamo lavorato molto per rendere l’università un ambiente accogliente: il riconoscimento HRS4R (Human Resources Strategy for Researchers) della Comunità europea certifica che l’UniCal è un luogo ideale per la ricerca e rispetta pienamente i diritti sanciti dalla Carta europea dei ricercatori. Un altro aspetto cruciale è il nostro modello di campus, unico in Italia: un’università residenziale con dipartimenti vicini tra loro, cinema, teatro, impianti sportivi e una comunità attiva di ricercatori e studenti. Questo favorisce le relazioni e la qualità della vita accademica. Senza dimenticare, infine, che molti sono i cervelli di ritorno che, attraverso l’UniCal, vedono la possibilità del rientro nel posto in cui sono nati. Un rientro non facile: essendo io stesso uno scienziato, so bene che se i ricercatori non avessero certezze non tornerebbero.

L’UniCal è riuscita ad attrarre studiosi e professionisti di fama internazionale: come avviene la strategia di reclutamento? E in cosa consistono le cosiddette open call? Ci piacerebbe farlo capire anche a chi non fa parte del mondo accademico. 

Ci sono diversi canali di reclutamento che si integrano tra loro. Per le open call, individuiamo alcuni settori strategici in cui c’è carenza nella didattica o ambiti in cui un dipartimento desidera investire. Nella prima call abbiamo chiesto a ciascun dipartimento quali fossero i settori su cui puntare. Da lì è partita una chiamata rivolta a docenti qualificati con competenze scientifiche, che abbiamo invitato a manifestare il loro interesse a lavorare presso l’Università della Calabria. Dopo aver raccolto tali manifestazioni di interesse, il Consiglio di Amministrazione ha individuato i settori da mettere a bando, incrociando le esigenze dell’ateneo con la qualificazione dei profili ricevuti. L’obiettivo è coniugare la rilevanza delle esigenze accademiche con la qualità dei candidati. In base a questo incrocio, scegliamo i settori da mettere a bando: trattandosi di una Pubblica amministrazione, i bandi sono pubblici e aperti a tutti. Se poi si presenta una persona più qualificata rispetto a chi ha manifestato interesse all’inizio, sarà lei a vincere il bando, essendo un concorso aperto.

Utilizzate altri canali di reclutamento?

Sì: c’è la chiamata diretta, che è un canale di reclutamento differente. Può avvenire anche a seguito di una call, se per esempio un ricercatore che lavora all’estero da almeno tre anni manifesta interesse per un settore strategico. In questi casi, per la chiamata è previsto un cofinanziamento ministeriale del 50% volto a favorire il rientro dei cervelli in Italia. Un’altra modalità riguarda i bandi competitivi più qualificati e selettivi, come quelli proposti da ERC (European Research Council) e dal Fondo Italiano per la Scienza. Il ministero prevede la possibilità di chiamata diretta per i vincitori di questi bandi, con un cofinanziamento ministeriale. Per incentivarne la partecipazione, abbiamo stabilito che chi presenta domanda indicando l’UniCal come sede di destinazione, se vince il bando, ottiene la chiamata diretta garantita da noi.
Questo è esattamente il caso degli ultimi tre scienziati arrivati: due fisici e un economista che hanno indicato l’UniCal come sede delle loro ricerche in caso di vincita del bando, e che noi abbiamo proposto al ministero per la chiamata diretta. Si tratta di studiosi che portano con sé il finanziamento ricevuto, che copre il primo triennio di ricerca. Tale strategia comporta, comunque, anche un rischio: se il numero di vincitori fosse troppo alto, dovremmo, per esempio, capire come integrarli. L’UniCal, in questo modo, si espone e scommette di riuscire a garantire un’integrazione adeguata. Consideri che, nel bando FIS in tutto il Sud Italia, ci sono stati 12 vincitori e noi ne abbiamo intercettato un quarto: si tratta di scienziati altamente qualificati, un vero investimento sull’eccellenza.

Uno dei casi citati riguarda Orazio Attanasio, accreditato economista a livello internazionale e professore ordinario a Yale, ha scelto l’Università della Calabria per sviluppare il progetto di ricerca Measurement Tools Design, finanziato con 2.226.000 euro grazie al bando del Fondo Italiano per la Scienza tra gli Advanced Grant. Come si è arrivati a portarlo a Rende?

Il suo è proprio uno dei casi in cui il ricercatore aveva già collaborazioni scientifiche con l’UniCal. Partendo da queste collaborazioni, ha presentato il progetto indicando l’UniCal come sede delle sue ricerche, in sinergia con alcuni nostri docenti e con il supporto del nostro ufficio di progettazione. Dopo aver vinto il bando, è stato proposto per la chiamata diretta.

Dal 2022 a oggi a Rende sono arrivati tantissimi ricercatori e ricercatrici. Vi fermate qui o ci sono degli obiettivi per il 2025?

Per il 2025, abbiamo già previsto l’ingresso dei tre scienziati vincitori del Fondo Italiano per la Scienza. Inoltre, nella stessa area medica, è già in atto una chiamata per un’eccellenza attualmente a Londra. Contiamo di ottenere anche ulteriori finanziamenti dalla Regione: ne abbiamo richiesti per 18 posizioni, che probabilmente verranno distribuite su un biennio.

Rende e i paesi circostanti come vivono la crescita dell’UniCal?

L’università ha rappresentato un vero volano di sviluppo per il territorio. A Rende c’è stata una crescita significativa di alloggi per studenti e attività commerciali, con la maggior parte degli studenti che vive nel campus o nelle vicinanze. Ma l’impatto va oltre: siamo attivamente impegnati nella cosiddetta “terza missione”, che prevede l’apertura dell’università al territorio. Ci occupiamo della formazione degli insegnanti, dell’orientamento degli studenti, di favorire la creazione di spin-off e startup, e del supporto alla trasformazione tecnologica delle imprese. A Cosenza, in particolare, abbiamo un polo dedicato alle professioni sanitarie, che dal prossimo anno accoglierà circa 500 studenti nel complesso monumentale di San Domenico, nel centro storico. Inoltre abbiamo aperto un incubatore di imprese in un palazzo storico e stiamo ultimando l’Innovation Palace a Rende – una struttura che ospiterà imprese innovative. Il progetto per la sanità ha un impatto immediato sulla comunità: lavoriamo in sinergia con la Regione Calabria e l’Azienda Ospedaliera di Cosenza per migliorare la qualità delle cure.

Nonostante questa strategia di recruiting e l’attrazione di simili personalità, come mai l’UniCal non è ancora così famosa a livello nazionale?

È una questione di storia: ci sono università con un marchio più affermato, perché esistono da più tempo. L’UniCal ha compiuto da poco cinquant’anni. Inoltre, dobbiamo ammetterlo, esiste ancora un pregiudizio verso il Sud Italia che rende più difficile il riconoscimento del merito. Nonostante ciò, devo dire che la nostra reputazione è in forte crescita: il CENSIS ha identificato l’UniCal come la prima tra le grandi università italiane, ed è in grande aumento l’attenzione per il nostro ateneo anche da parte di giornali e televisioni nazionali che in passato lo ignoravano.

Il vostro è un modello replicabile per altre università del Sud?

Il modello delle open call preliminari in qualche modo l’ho inventato io stesso, adottandolo all’UniCal. All’inizio ho avuto ostacoli e riscontrato scetticismo; i dati, però, mi hanno dato ragione. Al momento non ho contezza di altre università che stiano adottando una strategia simile. Serve una grande apertura a voler accogliere eccellenze universitarie, che possono essere ingombranti, ma rappresentano un’enorme opportunità di crescita scientifica e accademica. Inoltre, offrono una possibilità straordinaria di formazione qualificata per gli studenti e favoriscono la crescita scientifica. Senza dimenticare che i vari studiosi che arrivano da noi portano con sé una rete scientifica internazionale di cui può beneficiare l’intero dipartimento.

 

 

 

L’articolo che hai appena letto è finito, ma l’attività della redazione SenzaFiltro continua. Abbiamo scelto che i nostri contenuti siano sempre disponibili e gratuiti, perché mai come adesso c’è bisogno che la cultura del lavoro abbia un canale di informazione aperto, accessibile, libero.

Non cerchiamo abbonati da trattare meglio di altri, né lettori che la pensino come noi. Cerchiamo persone col nostro stesso bisogno di capire che Italia siamo quando parliamo di lavoro. 

Sottoscrivi SenzaFiltro

 

In copertina: alcuni studenti sul ponte che conduce all’ateneo UniCal

CONDIVIDI

Leggi anche

La voce di chi studia

La scorsa settimana è uscito il numero di Senza Filtro Università senza Lode, in cui abbiamo cercato di sviscerare il rapporto dell’università con il mondo del lavoro scavando tra stage e tirocini, valutando i corsi di formazione e mettendo sotto esame strumenti come i servizi alla carriera. E abbiamo scritto che se studiare non basta, è […]