L’età media dei partecipanti alla rilevazione della CGIL di Milano è attorno ai 50 anni. Si tratta quindi di una fascia difficile da ricollocare. Tuttavia, anche la convinzione per cui le aziende preferiscano i più giovani per effettuare investimenti a lungo termine su di loro sembra scontrarsi con alcune evidenze. Per esempio la durata media dei contratti a tempo indeterminato, che nel capoluogo lombardo è di 48 mesi: tra gennaio 2023 e settembre 2024, nella città metropolitana di Milano, si sono dimesse 225.872 persone. Le durate medie più corte sono nelle costruzioni, in alberghi e ristoranti e nella logistica.
Questa dinamicità del mercato del lavoro sarà sicuramente fisiologica e positiva per tutti coloro che, nel passare da un impiego all’altro, crescono dal punto di vista delle mansioni, del trattamento economico e delle condizioni in generale. Ma, come abbiamo visto dai dati sui percettori di NASpI, si tratta di un mondo diviso in due: c’è anche chi quelle transizioni le subisce in senso negativo, perché fa più fatica a ricollocarsi e, quando ci riesce, non sempre trova maggiore soddisfazione nel nuovo lavoro, anzi spesso lo vive come un passo indietro. La ricerca CGIL cita anche un’indagine di Sviluppo Lavoro Italia per cui la provincia di Milano è al settantatreesimo posto nella classifica della soddisfazione lavorativa, con un dato di poco inferiore alla media nazionale.
Non solo non è tutto oro, ma forse gli aspetti problematici sono ben più grandi di quanto si possa immaginare. Negli ultimi tempi è esplosa la questione degli affitti, rincorsi a fatica dai salari, che ha incrinato la narrazione di Milano come città delle opportunità. Secondo la segretaria Cappelletti, si tratta di fenomeni che non sono stati intercettati e curati in tempo, e con il passare degli anni hanno acuito l’impressione di una Milano a due velocità.
“Ce ne eravamo accorti già all’indomani dell’Expo,” ha detto Antonio Verona, del dipartimento mercato del lavoro CGIL Milano, “quando si stava già determinando una situazione duale del mercato del lavoro milanese, con una quota molto significativa che arrancava tra salari bassi. La cosa peggiore – ha aggiunto – è che questi divaricavano sempre di più una città molto polarizzata dal punto di vista dei redditi e delle condizioni sociali”.
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Photo credits: milanocittastato.it