“Qui non c’è niente per te, ricordi?” di Sarah Rose Etter fa affiorare il lato più trucido del mondo tech, dove l’allure di un lavoro prestigioso non basta a rendere sopportabile un ambiente pieno di lupi e uffici soffocanti, in cui l’idea di darsi fuoco diventa consolante. La nostra recensione
Libri da leggere per sopravvivere al Natale
No, non è l’ennesima rubrica su che cosa è meglio regalare. Qui si parla di come arrivare vivi alla fine delle feste e di cosa parlare con i commensali più inopportuni: lavoro, crisi e altre amenità
Non la solita lista di libri da regalare per le feste. Quest’anno SenzaFiltro promuove una selezione di letture consigliate per arrivare preparati al pranzo di Natale. Romanzi e saggi in grado di rendere meno indigeste le domande impertinenti e le affermazioni perentorie dei commensali – per tutti i gusti.
Il nostalgico del lockdown: “Ma sai che non si stava poi così male ai tempi del COVID?”
Si stava meglio quando si stava peggio?
Ogni tanto qualcuno cade vittima della tentazione di romanticizzare il lockdown e rimpiangere i ritmi lenti e i tempi molli del periodo del COVID-19. Quattordici giorni, a cura di Margaret Atwood e Douglas Preston (Ponte alle Grazie) è “un evento letterario” e “una novella epica” che si rivolge a nostalgici di vari tipi e generi.
36 autori americani e canadesi si passano la penna per raccontare le vicende di un gruppo di newyorkesi che, rimasti in città ai tempi della pandemia, si riuniscono ogni sera sul tetto del palazzo per raccontarsi storie. A proposito di nostalgia, tra di loro c’è anche R.L. Stine, il mitico autore della collana horror per ragazzi Piccoli brividi, pubblicata da Mondadori a partire dagli anni Novanta.
L’onnivoro irriducibile: “Sei sicuro che non vuoi provare un po’ di arrosto?”
Dalla Spagna al Sud della Francia. Munir parte insieme a tre amici per fare esperienza di uno di quei lavori pesanti che tanto impressionano i responsabili HR delle aziende.
Pensano di fare gli stagionali per la vendemmia, finiscono in un allevamento intensivo di polli, “un mercato delle cose vive – in cui anche noi lavoratori facciamo parte della merce”.
Qui Cose vive dell’esordiente Munir Hachemi (La Nuova Frontiera) diventa una cronaca dell’orrore in grado di fornire più di una ragione per smettere di mangiare carne, e anche diversi spunti per mettere a tacere il parente che prova sempre a farti diventare un carnivoro di ritorno.
Lo sportivo inde-fesso: “Quando ti iscrivi in palestra?”
Running, crossfit, padel, ciclismo: sono variegate le discipline sportive che hanno svoltato la vita di ex divanisti professionisti che mica fanno sport, loro si allenano! Per stroncare sul nascere le filippiche di tali ardimentosi personaggi, è bene tenere a mente le memorabili risposte ricevute dal giornale Avanti! dopo il lancio di un referendum che lo storico Stefano Pivato riporta alla gloria nel suo nuovo saggio Contro lo sport (Utet).
Nel 1910, anno in cui gli italiani si scoprirono grandi appassionati del Giro d’Italia, i lettori di Avanti! furono chiamati a esprimersi sull’atteggiamento che il Partito Socialista avrebbe dovuto tenere nei confronti dell’argomento sport. Gli sventurati risposero che lo sport è “un rovinatore di organismi e non rinforzatore” e un “un esercizio di pazzia fannullona” che poteva tranquillamente qualificarsi come “un ritorno al medioevo e alla sua barbarie”. Bel colpo.
Il boomerissimo: “I giovani non hanno voglia di lavorare!”
Nel libro Le philosophe plébéien, Gabriel Gauny scrive che i compiti che esegue al lavoro “tormentano il suo corpo, inquietando la sua mente con incessanti preoccupazioni” e che le ore “divorano la sua anima”. Non trova pace neanche all’ora di pranzo, “quando lo stomaco dell’operaio, stuzzicato da quest’appetito provocato dal lavoro turbolento, non si alimenta affatto secondo le regole dell’igiene, ma si riempie di cibo più o meno adulterato offerto da un pessimo ristoratore”.
Sembra che parli di una moderna pausa pranzo con un’insalata da 15 euro, ma Gauny è nato nel 1806 e morto nel 1889, e la ricerca di un rapporto più umano ed equilibrato con il lavoro non è un fatto così recente come crediamo. È una delle tante chicche che si scopre leggendo, non senza sforzo ma con un certo gusto, le oltre 500 pagine di Storia della fatica di Georges Vigarello (ilSaggiatore), da assumere preferibilmente a stomaco vuoto e lontano dalle cene aziendali.
L’impiccione viaggiatore: “Quando ti laurei?”
Arriva da lontano e di solito finisce seduto proprio di fronte a te, il parente dalle mille domande (im)pertinenti, del tutto inconsapevole degli effetti che potrebbe provocare.
Un po’ quello che accade a Marco, il brillante studente di Giurisprudenza di La coscienza delle piante di Nikolai Prestia (Marsilio), cresciuto con l’idea che “fallire era una cosa da falliti, che rallentare era una cosa da perdenti”. Il suo eccellente percorso universitario si blocca quando un esame non superato diventa uno scoglio insormontabile e innesca la prima di una lunga serie di bugie.
La risposta da dare a chi pensa che “tutto sia facile per tutti” si trova a pagina 80.
Tu: “Cosa c**** sto combinando con la mia vita?”
Se lo chiede, in ascensore, la protagonista di Olga muore sognando di Xochitl Gonzalez (Fazi Editore). Potresti finire a chiedertelo anche tu, proprio durante il pranzo di Natale.
La portoricana Olga fa la wedding planner a New York, un lavoro che per la madre è “un tradimento dei valori di famiglia”. Non va meglio al fratello Prieto, un politico idealista terrorizzato dalla possibilità di poter deludere gli altri.
Il giogo delle aspettative, le trappole di una certa idea di successo e tante domande che prima o poi ci facciamo tutti si riuniscono in una commedia sociale acuta e scoppiettante che qualche risposta prova a darla: magari c’è anche quella che serve a voi.
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