Plinio il vecchio era un drogato di lavoro, dedicava tutta la giornata allo studio e mentre cenava si faceva leggere libri sui quali poi scriveva note e commenti. Dormiva poco e lavorava anche di notte. Pure Napoleone era un workaholic, un alcolizzato di lavoro e come Plinio interrompeva la sua attività solo per brevissimi pisolini. […]
Dobbiamo saper usare il digitale, non lasciarci usare da lui
“Tutti pensano che la musica è fatta da 7 note” “SIA fatta..” “Sì, tutti pensano che la musica sia fatta da 7 note ma non considerano i silenzi: sono l’insieme delle pause..” “È l’insieme..” “Uff Gabriele! Insomma: tutti pensano che la musica sia fatta da 7 note ma non considerano i silenzi: è l’insieme delle […]
“Tutti pensano che la musica è fatta da 7 note”
“SIA fatta..”
“Sì, tutti pensano che la musica sia fatta da 7 note ma non considerano i silenzi: sono l’insieme delle pause..”
“È l’insieme..”
“Uff Gabriele! Insomma: tutti pensano che la musica sia fatta da 7 note ma non considerano i silenzi: è l’insieme delle pause che crea il ritmo”.
Senza saperlo, il mio maestro di musica delle elementari ha stravolto per sempre il mio concetto di “pausa”. Cosa significa “pausa” e cosa significa “tempo libero”?
Se sono a cena con amici e rispondo a un tweet dall’account istituzionale, sono in pausa o al lavoro?
È inevitabile che il digitale abbia moltiplicato gli input che ci arrivano ogni giorno. Ed è quasi banale sottolineare come possa esistere il “rischio di dipendenza da internet”, soprattutto con la diffusione capillare degli smartphone. D’altronde, di “sindrome da controllo ossessivo del proprio cellulare” se ne parlava al tempo del Crackberry, figuriamoci ora. Possiamo quindi ammettere che il nostro tempo personale si sia ridotto per colpa delle nuove tecnologie? No. O ancora meglio: è una domanda mal posta.
Per capirne il motivo, dobbiamo approfondire il concetto di “pausa” legato al digitale.
Se da sempre esiste il concetto di “pausa lavorativa”, il digitale ha probabilmente fatto nascere a livello sociale un bisogno individuale che prima non esisteva: “la pausa dagli altri”. Sta in questo e nella conseguente voglia di “stare con se stessi” il significato più profondo dell’espressione: “staccare dai social”.
Quando devo spiegare l’influenza del digitale sul tempo che dedico a me stesso faccio sempre molta fatica.
Il fatto è che non è né minore né maggiore: è diverso. Anzi: è migliore.
Ricevo centinaia di notifiche ogni giorno, il capo mi può scrivere mentre sono a cena e spesso un commento mi fa imbestialire. Ma prenotare il ristorante su Facebook stando in fila in posta, scaricare l’ultima canzone mentre sono in palestra o leggere un libro mentre sono in treno sono opportunità che danno valore enorme al mio tempo libero.
Come trovare un equilibrio in tutto questo? Usare il digitale, non lasciarsi usare da lui. Facile dirlo ma è la verità: un musicista sa come valorizzare il proprio strumento. Cerchiamo di fare lo stesso.
“Sì ma con il tuo lavoro come la metti?”
Iniziamo da un concetto base: per me il concetto di pausa dal lavoro non esiste.
O meglio non esiste se correlato allo Spazio e al Tempo: non più sostenibile pensare che “se sono fuori dall’ufficio, non lavoro” oppure “se sono oltre l’orario lavorativo, sono in pausa”. Se ci pensate stiamo iniziando da un po’ di tempo a lavorare per “obiettivi”, e non sempre ce ne rendiamo conto. E se lavori per obiettivi, quella che viene comunemente chiamata “pausa di lavoro” non esiste. Facciamo il mio caso. Le migliori soluzioni lavorative le ho ideate fuori dall’ufficio e dall’orario di lavoro. Quante idee mentre corro all’alba? E quante volte mi si è illuminata la lampadina mentre mi rilasso con un buon libro?
Questo non tanto perché staccare e rilassarsi aiutano a lavorare meglio. Il punto è che per me durante le cosiddette “pause” si lavora a tutti gli effetti, anzi lo si fa meglio.
E il digitale per questo è fondamentale: accorcia i tempi di azione, tiene traccia delle attività da fare o meglio ti permette di farle subito. Dovunque e a qualsiasi ora. Ma la domanda sorge spontanea: così non si finisce per lavorare sempre? No, anzi.
Se però sei stressato dal digitale, tutto quello che devi fare è capire che il problema è tuo, non del digitale.
Alcuni consigli:
- [Conoscenza] Vale nel digitale, come nella musica: più conosci lo strumento, meno tempo ti serve per suonare al meglio
- [Ascolto] Il concetto di “orecchio assoluto” vale anche nel digitale? Forse sì, quando siamo in grado di riconoscere una singola emozione o percezione attraverso la semplice interazione testuale, senza arrivare a creare equivoci o spiacevoli ricadute sul nostro impiego di tempo
- [Aiuto] Utilizza strumenti che lavorino al posto tuo (esistono anche nella musica!): per esempio, google alert o tweetdeck ti permettono facilmente di individuare contenuti di interesse senza perdere ore a navigare online
- [Rispetto] Non solo degli altri, ma anche dei tuoi limiti: così come non si può imparare a suonare tutti gli strumenti, così non puoi pensare di rispondere sempre e comunque a tutte le sollecitazioni esterne: impara a darti delle priorità e a dire qualche “no”. Anche e soprattutto a te stesso.
Alla fine, infatti, Il tempo nel digitale è tutta questione di equilibrio.
Spesso ci facciamo travolgere come se dovessimo realizzare una melodia di 3 minuti facendo suonare uno dopo l’altro tutti gli strumenti della nostra orchestra.
Il segreto è farli suonare in contemporanea: il tempo nel digitale non è ridotto, è destrutturato.
Tocca a noi creare nuovi significati e nuove melodie, come un vero e proprio direttore d’orchestra.
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