Risale al lontano 1976 il primo disegno di legge teso a regolamentare l’attività professionale della lobby (Achilli, Bogi, Mastella) seguito poi dal successivo (Aniasi, Bogi e Quercioli). Entrambi prevedevano l’obbligo per gli uffici del Parlamento di agevolare e assistere la rappresentanza dei cosiddetti “interessi deboli”, al fine esplicito di promuovere la parità di condizioni di […]
La scuola aumentata: l’apprendimento digitale e i nuovi scenari della formazione
Oggi i giovani vivono sempre meno la “strada” intesa come esperienza sociale condivisa: la piazzetta, il cortile, il muretto sono sostituiti dagli ambienti social, dagli instant messaging, dai gruppi d’aggregazione online. Quando si esce, sui mezzi pubblici ci si siede vicini, ma ciascun è praticamente isolato, immerso nel suo mondo digitale. Anche le esperienze di […]
Oggi i giovani vivono sempre meno la “strada” intesa come esperienza sociale condivisa: la piazzetta, il cortile, il muretto sono sostituiti dagli ambienti social, dagli instant messaging, dai gruppi d’aggregazione online. Quando si esce, sui mezzi pubblici ci si siede vicini, ma ciascun è praticamente isolato, immerso nel suo mondo digitale. Anche le esperienze di vita virtuale costantemente si affiancano a quelle di vita reale senza soluzione di continuità e non senza conseguenze problematiche (Zigmund Bauman, Danni collaterali. Diseguaglianze sociali nell’età globale, 2014).
D’altra parte la nostra vita quotidiana è ormai impensabile senza media digitali: telefoni cellulari, tablet e computer servono per giocare, informarsi, comunicare, creare reti di contatto via Internet. Anche nel luogo di lavoro i media digitali sono usati quotidianamente. E’ quindi importante che anche nella scuola essi vengano utilizzati in modo significativo per sviluppare nuove opportunità di apprendimento e la capacità di utilizzare consapevolmente le tecnologie. Non basta più “leggere, scrivere e far di conto” per fronteggiare le moderne situazioni della vita quotidiana ed il futuro professionale: l’apprendimento digitale apre ad opportunità professionali e sociali importanti.
Dagli studi emerge inoltre che i giovani “nativi digitali” sono mediamente molto abili nell’uso delle nuove tecnologie, ma non ne fanno affatto un uso responsabile. Essi sono esposti a molti rischi, come la dipendenza (patologica) da Internet, l’uso improprio dei dati, la violazione della privacy, i fenomeni di Cyberbullismo, le molestie online. È dunque importante che genitori ed insegnanti supportino i giovani nell’uso critico della rete per imparare a valutare i contenuti dei siti, riconoscere possibili pericoli e sapere come proteggersi.
“Pensare? Perché pensare! Abbiamo i computer che lo fanno per noi”
(Jean Rostand)
Una connettività migliorabile
Dall’interessantissimo rapporto del MIUR (2015): “Studenti, computer e apprendimento: dati e riflessioni. Uno sguardo agli esiti delle prove in Lettura in Digitale dell’indagine OCSE PISA 2012 e alla situazione in Italia”, emergono osservazioni molto interessanti.
Francesco Avvisati, ricercatore dell’OCSE , afferma a riguardo dei risultati degli studenti italiani: “Non si tratta solo di avere le chiavi di accesso al web, che i ragazzi italiani mostrano di avere, ma anche della capacità di navigare in modo intelligente e proficuo. Molti ragazzi, non solo italiani, non hanno la capacità di dirigere la propria lettura, di dare giudizi sulla pertinenza di una pagina, sulla qualità di un’argomentazione. Cliccano su quello che si muove e non sono selettivi nella loro navigazione, non vanno in modo diretto verso l’informazione che cercano e dovrebbero poi mostrarsi consumatori critici dell’informazione online, la cui qualità è lungi dall’essere uniforme”. In Italia il 15% degli studenti è del tutto “senza bussola” quando naviga sul web (rispetto a una media OCSE dell’11,6%); inoltre, se si sommano i dati relativi alla “qualità della navigazione” risulta che più del 75% di loro o non conduce alcuna attività di navigazione oppure conduce una navigazione “non orientata” o “insufficiente”, mentre solo il 24,6% conduce una “navigazione principalmente orientata” (Classifica degli studenti in base alla qualità della navigazione – PISA 2012): in conclusione gli studenti italiani risultano “lost in navigation” rispetto ai loro coetanei OCSE.
Un altro interessante dato che emerge dal rapporto riguarda l’analisi della “disparità digitale” (digital divide) su base sociale. In Italia ha accesso a internet il 92,9% degli studenti svantaggiati (solo 6,3 punti percentuali in meno degli studenti avvantaggiati), che passano su internet 94 minuti al giorno nel weekend (7 min./g. in più degli avvantaggiati), ma solo il 66,2% lo fa per cercare informazioni pratiche (il 13% in meno degli avvantaggiati), mentre il 42% naviga su Internet per i giochi (2,2 punti percentuali in più degli avvantaggiati). Se ne deduce che il digital divide oggi non riguarda più tanto le possibilità di accesso, quanto l’utilizzo che viene fatto di Internet. Gli svantaggiati navigano più per usi ludici, mentre gli avvantaggiati navigano anche per informarsi e comunicare.
“I computer sono inutili, danno solo risposte”
(Pablo Picasso)
L’esperienza scolastica
Per potenziare i risultati dell’apprendimento occorre dunque sviluppare competenze tecnologiche a scuola, migliorando l’uso delle TIC (Tecnologie per l’Informazione e la Comunicazione) ed insegnando agli studenti a svolgere compiti in ambienti digitali, integrando in maniera sempre più sinergica gli insegnamenti tradizionali con i supporti informativi e didattici messi a disposizione dalla rete e dalle tecnologie. Qualche anno fa alcuni “vati” tecnologi avevano addirittura profetizzato la scomparsa del libro cartaceo a scuola, sostituito da ebook e tablet. Ciò non è stato, anzi! Gli studenti che utilizzano internet per studiare preferiscono integrare le risorse digitali organizzando lo studio su carta e non raramente stampano gli appunti o parti di testi.
Nel 2015 il mondo del libro ha tirato un definitivo sospiro di sollievo: durante la stagione natalizia la gente è tornata ad affollare le librerie come non si vedeva da qualche anno. Perché? Con gli attuali prezzi di mercato il lettore, se deve scegliere tra libro cartaceo e l’ebook, compra il libro: infatti l’ebook non offre niente di più. Russ Grandinetti, direttore operativo delle attività Kindle di Amazon afferma che “il libro è la tecnologia più resiliente che esista; anche perché è molto sexy nella sua fisicità che data cinque secoli.”
Quindi l’ebook non potrà mai sostituire il libro e va in crisi se è solo la replica del libro di carta! Tuttavia esso non è solo un testo elettronico salvato in un formato che lo rende molto simile a una pagina stampata, (che si può leggere sul video di un computer o su un e-book reader), ma è caratterizzato da alcune proprie peculiarità che lo distinguono dal cartaceo. In primis l’immaterialità e la possibilità di leggerlo ovunque ci si trovi purché connessi al Cloud. Poi il fatto di essere un file elettronico, con possibilità di ricerca rapida di parole chiave, di multimedialità, di navigabilità interna ed esterna. Infine, ma non meno importante, un ebook può avere funzionalità interattive.
Dunque l’ebook non è un clone del libro, ma è una nuova forma espressiva, diversa dalla pura testualità arricchita da qualche bella foto o filmato (come certi testi elettronici scolastici). Non c’è ragione di porlo in antagonismo al libro cartaceo: è qualcosa di diverso, con funzionalità interessanti che col cartaceo non hanno nulla a che fare. Potenzialmente c’è la stessa distanza che fra la staticità del Web 1.0 e la dinamicità ed interattività del Web 3.0: rispondono ad esigenze diverse.
La stessa cosa vale a scuola: non è l’ebook o il tablet che fa la scuola digitale, ma la ricerca di nuove alfabetizzazioni volte a produrre contenuti articolati all’interno dell’universo comunicativo digitale. La società contemporanea porta a valorizzare competenze nuove, che non sono più codificabili nella sola forma testuale e nella struttura sequenziale del libro di testo, ma attingono al grande patrimonio di fatti e nozioni ormai accessibile a tutti tramite la Rete e devono essere espresse e restituite allo stesso modo, possibilmente come contenuti aperti (OER) creati in classe. Sono in atto molte sperimentazioni in tantissime scuole per riconnettere i saperi della scuola e i saperi della società della conoscenza: “l’insegnamento nel 21° secolo non deve considerare la tecnologia come il centro del processo educativo, deve piuttosto promuoverne l’uso consapevole e critico, attraverso pratiche didattiche che abbiano l’obiettivo di formare studenti in quanto eCitizen consapevoli, aggiornati e creativi” (dal rapporto MIUR 2015). L’apprendimento diviene cooperativo, lo studente partecipa attivamente e consapevolmente alla costruzione della conoscenza, lo scambio fra pari diviene importante quanto l’ascolto del docente. L’insegnante assume il ruolo di facilitatore e progettista del percorso di apprendimento.
La scuola in rete. Reinventare l’istruzione nella società globale
La globalizzazione e la diffusione di Internet hanno permesso la nascita di nuove modalità educative, per rispondere alle richieste formative di tutti, anche dei lontani, anche dei meno abbienti.
Salman Khan, un informatico plurititolato, laureato al MIT di Boston, brillante analista finanziario, nel 2004 si trova a dover supportare le difficoltà di apprendimento di una giovane cugina, che abita molto lontano da lui. Salman pensa subito che internet possa essere non la strada, ma l’autostrada lungo la quale far viaggiare suggerimenti e informazioni da un luogo all’altro, non solo, ma anche pagando un pedaggio decisamente esiguo! Ben presto comincerà a ragionare sulle possibilità pedagogiche che la rete intrinsecamente offre per “fare scuola” e che ancora nessuno ha approfondito. Inizia col postare alcune lezioni su YouTube, ma negli anni successivi affina il sistema e comincia ad integrare strumenti perché gli studenti possano avanzare in differenti percorsi di istruzione, un passo alla volta, cercando di sfruttare al meglio le caratteristiche di interattività che Internet offre ai suoi utenti. Nasce la Khan Academy! per “un’istruzione libera e di alto livello per tutti e in tutto il mondo”, dice Salman. La Khan Academy è un’istituzione educativa senza scopo di lucro che è stata fin dall’inizio finanziata dalla Bill & Melinda Gates Foundation (con 1,5 milioni di dollari) e poi anche da Google (con 2 milioni di dollari).
Il vincitore del TED Prize nel 2013, l’educational researcher Sugata Mitra, ha espresso la sua visione di una Scuola nel Cloud, di un laboratorio di apprendimento per i bambini dell’India, dove essi possano esplorare ed apprendere l’uno dall’altro, usando le risorse e traendo ispirazione tramite il Cloud, organizzato in ambienti per la costruzione comune degli apprendimenti.
Le più importanti Università del mondo da tempo stanno organizzando MOOC (Massive Open Online Courses), corsi aperti (senza tasse di iscrizione), pensati per una formazione a distanza che coinvolga un numero elevato di utenti, che accedono da diverse aree geografiche ed usufruiscono dei materiali gratuitamente.
Open education
Gli insegnanti hanno dunque oggi a disposizione una grande ricchezza di risorse e mezzi diversi per perseguire al meglio gli obiettivi didattici:
• accesso all’enorme bagaglio di conoscenze ed esperienze a disposizione nella rete
• grande varietà di strumenti Web 2.0 ed app per la realizzazione di manufatti digitali
• piena disponibilità di supporti tecnologici e dispositivi mobili
Le condizioni imprescindibili perché si verifichi effettivo apprendimento utilizzando la rete sono (Laurilland. On line learning design, 2012):
• fare una accurata progettazione didattica del processo di apprendimento
• istituire un dialogo collaborativo con gli allievi
• gli allievi devono poter comunicare e collaborare tra loro in ambienti di apprendimento online opportunamente predisposti.
È quindi evidente che è giunto il momento per un punto di rottura e di cambiamento con le istituzioni scolastiche tradizionali: i confini si assottigliano e disfanno, l’insegnamento formale si mescola con quello informale, la vita reale con quella virtuale, l’insegnante con l’allievo. Si evince l’urgenza e la necessità di superare i vecchi schemi di insegnamento. L’avanzamento collettivo dell’educazione attraverso le nuove tecnologie, i contenuti aperti e la conoscenza aperta stanno aprendo nuovi orizzonti alla Scienza della formazione (Seely Brown, Opening Up Education, 2010. MIT Press.).
L’innovazione della didattica passa attraverso il ridisegno innovativo delle attività in aula (vedi schema in figura). Esse dovranno essere di tipo cooperativo e volte a compiti di realtà. Dovranno integrare l’utilizzo (e sviluppare la produzione creativa) dei contenuti in rete (OER). Dovranno sfruttare le potenzialità del Cloud per ampliare gli ambienti di apprendimento (blended e-learning ed utilizzo dei dispositivi personali, BYOD), ad esempio con metodi del tipo flipped classroom.
Riflessioni per il futuro
“La tecnologia è l’unico modo per espandere notevolmente l’accesso alla conoscenza. Per mantenere le promesse delle TIC, i paesi devono investire in modo più efficace per assicurare che gli insegnanti siano in prima linea nella progettazione e implementazione di questo cambiamento”. “È necessario quindi non solo mettere a disposizione della Scuola gli strumenti informatici e il tempo per utilizzarli, ma è soprattutto cruciale garantire un adeguato livello di preparazione degli insegnanti su come gestire questo tempo in modo efficace” (Rapporto MIUR 2015).
Dalla ricerca OCSE – TALIS 2013 (Teaching and Learning International Survey), un’indagine internazionale sulle condizioni professionali e sull’ambiente di lavoro svolta presso gli insegnanti e i dirigenti scolastici di scuola secondaria di primo grado, emergono diverse sofferenze per la scuola italiana. Le principali riguardano la carenza di risorse umane e materiali ostacola “molto” o “in qualche misura” la capacità della scuola di offrire un’istruzione di qualità e la seconda le pratiche di insegnamento (vedi tavola 4). Risulta infatti che tra strategie didattiche tradizionali (p.e. lezione frontale, dettatura appunti) prevalgono su quelle attive (p.e. progetti che impegnano gli studenti in attività prolungate, lavori di gruppo), benché sia ormai acclarato che queste ultime incidono più favorevolmente sul clima di classe e sulla motivazione degli studenti.
Per superare questi gap formativi sta procedendo il Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD) adottato di recente dal MIUR, con D.M. 851 del 2015. L’obiettivo è quello di dotare le aule di tecnologia “leggera” che consenta una fruizione individuale e collettiva dei contenuti digitali nell’ottica di una didattica sempre più interattiva. Il PNSD finanzia lo sviluppo delle nuove metodologie didattiche tramite un imponente e capillare formazione del personale docente ed il rafforzamento, anche attraverso una rivisitazione degli ambienti scolastici, della interazione tra docenti e studenti, tali da permettere una reale didattica collaborativa e laboratoriale.
Le criticità sono molte ma la strada per un apprendimento a 360°, moderno e che integri vita reale e vita virtuale e le necessità formative di un ragazzo del XXI secolo, è aperta.
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