Una delle parole che concorrevano con “partecipazione” per titolare il panel era, appunto, “comunità”. È da lì che partiamo con Roberta Zantedeschi: come possono le aziende far sentire un senso di comunità, far conoscere le persone, e contribuire a una loro elevazione?
«Occorre mettere al centro il tema della comunità. È un cambiamento che può richiedere di mettere in discussione tutto ciò da cui veniamo, modelli e valori del passato.»
Quel cambiamento, secondo Zantedeschi, avviene in cinque modi.
- Si cambia diventando consapevoli che sono cambiate le esigenze delle persone, la loro sensibilità e le loro aspettative nei confronti del lavoro. Occorre accettare che sono cambiati i bisogni e non pensare che siano capricci – parola che a volte viene utilizzata nei confronti dei candidati all’assunzione.
- Si cambia smettendo di pensare di sapere di che cosa hanno bisogno le persone nelle organizzazioni; questo vuol dire pensare in modo parentale. Gli HR devono cominciare a chiederglielo.
- Si cambia cambiando le parole, ed è un comportamento che si può mettere in atto oggi, agendo sul comportamento per influire sulla cultura; si deve passare da “dipendenti” a “persone”, da “manovalanza” a “persone”. Bisogna usare i femminili professionali, senza dare per scontate le regole con cui siamo cresciuti.
- Si cambia anche iniziando a mettere allo stesso tavolo di discussione tematiche organizzative e tematiche che riguardano le persone. A volte questi due piani si tengono separati. Occorre abbandonare la cultura della performance e tutte le dinamiche che si appoggiano sulla competizione.
- Si cambia rendendo i diritti davvero accessibili; perché ci sono, è solo questione di renderli raggiungibili. Le persone devono poter vivere l’azienda come luogo di crescita, apprendimento e benessere.
Un cambiamento di prospettiva che non si rivolge solo alle persone già in forza alle imprese, ma che parte dai criteri di selezione per poi influenzare tutto il resto. Conclude Zantedeschi:
«Fin dagli annunci di lavoro, scriviamo di cercare “figure”, non persone. A volte mi chiedo se sappiamo davvero chi siano le persone che lavorano con noi, che cosa c’è oltre la loro competenza, i loro studi, la loro capacità di risolverci dei problemi. Talvolta tra le persone che abbiamo in azienda c’è chi fa cose impensabili. Le lasciamo fuori, perché noi assumiamo competenze, “risorse”. Dare questo sguardo alle persone dà loro tantissimo, ed è qui che scatta la partecipazione: quando si sente che il proprio contributo può dare la differenza.»
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In copertina: Roberta Zantedeschi a Nobìlita 2024, a Milano. Foto di Domenico Grossi