Photo credits: geopop.it
La maggior parte degli utili del mercato musicale italiano proviene dallo streaming: l’80% dei ricavi, con 20 milioni generati solo da Facebook e Instagram. Perché lo scontro SIAE-Meta rischia di affossare un intero settore
La maggior parte degli utili del mercato musicale italiano proviene dallo streaming: l’80% dei ricavi, con 20 milioni generati solo da Facebook e Instagram. Perché lo scontro SIAE-Meta rischia di affossare un intero settore
Il punto non è che non vogliono pagare, ma che vogliono pagare quanto dicono loro. E non vogliono condividere i loro dati.
La chiave dello scontro tra Meta e SIAE sta tutta qui. Una è l’azienda che gestisce Facebook e Instagram, l’altra è la Società Italiana degli Autori ed Editori, incaricata di riscuotere i diritti dei professionisti del mondo musicale. Le trattative erano in corso da mesi e si sono incagliate su un punto cruciale: il corrispettivo che le piattaforme avrebbero dovuto pagare a SIAE per utilizzare la musica dei suoi artisti.
Meta ha chiesto – e da un certo punto in poi, preteso – che si trattasse di una somma forfetaria, cosa che l’azienda sostiene di aver ottenuto in altri 150 Paesi del mondo. Una cifra al ribasso, lascia intendere una delle comunicazioni di SIAE, motivata dalle recenti perdite economiche dell’azienda.
SIAE, dal canto suo, ha chiesto l’accesso ai dati che riguardano i contenuti musicali italiani su Facebook e Instagram per quantificare una richiesta commisurata al guadagno delle piattaforme. Apriti cielo: i padroni del vapore social sanno quanto valgono i dati, e non hanno intenzione di condividerli. E riposi pure in pace la Direttiva sul diritto d’autore che l’Italia ha recepito negli scorsi anni.
Così l’accordo è saltato. Ma chi rischia di pagare, e tanto, è il resto dell’industria musicale italiana.
I numeri non mentono: se la musica italiana fa utili, lo deve in massima parte allo streaming.
Secondo i dati FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana) il mercato musicale italiano è cresciuto per l’ottavo anno di seguito nel 2022: si parla dell’11,1%, per un totale di oltre 370 milioni di euro. I contenuti in streaming rappresentano circa l’80% dei ricavi e il 67% delle quote di mercato, all’interno del quale è compresa la pubblicità tramite social media.
A proposito di social media. Sempre secondo FIMI, è lì che avviene il 5% degli ascolti di musica in Italia, tendenza che si acuisce sempre di più tra i giovani. Gli artisti lo sanno e hanno cominciato a considerare i social come il fulcro della loro promozione; non è un caso se questo segmento è cresciuto del 37,3% nel 2022. Una crescita trainata dagli ascolti digitali, tramite i quali le sole piattaforme di Meta hanno generato oltre 20 milioni di euro.
Le cifre che fanno capire la preoccupazione che ha colpito i professionisti del settore, musicisti compresi. Ma come può evolvere la situazione?
La politica prende tempo. Lo si è intuito dalla stanca replica del ministro della Cultura al question time del 22 marzo alla Camera: Gennaro Sangiuliano si è limitato a definire “arrogante” l’atteggiamento delle piattaforme e ha passato la palla ad AGCOM e AGCM, le Autorità garanti per le comunicazioni e la concorrenza.
Nel frattempo Facebook e Instagram hanno messo il muto alla musica italiana; e non solo a quella, considerato che nel ban sono finiti anche diversi artisti indipendenti e internazionali. C’è chi ha pensato a un’azione deliberata di Meta per accrescere il disagio provocato dallo scontro, ma è ben presto emerso che si è trattato di un errore dovuto all’assenza di una profilazione dei brani coperti dal copyright del nemico.
Gli artisti sono per la maggior parte allineati con SIAE. La domanda è: a seguito di questo scontro, l’Italia può essere il primo Paese a porre un argine allo strapotere delle piattaforme digitali?
La possibilità c’è. Un caso simile è costituito dalla situazione di TikTok in Australia: a inizio febbraio il social cinese ha escluso la musica delle major locali dalla sua offerta, in un braccio di ferro su chi avesse più bisogno di chi. A causa di questa decisione i suoi utenti sono calati per tre settimane di seguito, come ha evidenziato una recente analisi di Bloomberg sui dati di Data.ai.
Un indicatore che gli utenti badano più al contenuto che al contenitore? Forse. Di certo l’ennesimo segnale per chi, a torto o a ragione, si riteneva il padrone del mondo digitale.
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La maggior parte degli utili del mercato musicale italiano proviene dallo streaming: l’80% dei ricavi, con 20 milioni generati solo da Facebook e Instagram. Perché lo scontro SIAE-Meta rischia di affossare un intero settore
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