Superbonus casa, te lo do io il 110%!

Paolo Righi, Confassociazioni Immobiliare: “Bene il superbonus. Ma attenzione: è uno sgravio fiscale, i cittadini non vedranno soldi.”

La premessa-promessa: restaurare la propria casa o appartamento e guadagnarci anziché spendere. Migliorare tutti gli aspetti energetici con un risparmio futuro che ricadrà direttamente, oltre che sulla salute personale e ambientale, anche nelle nostre tasche. I lavori potenzialmente realizzabili sono: il cappotto all’edificio (un isolante) compreso di pittura finale; infissi in PVC; impianto fotovoltaico; pompe di calore; batteria di accumulo; colonnina per la ricarica dell’auto per ogni unità immobiliare. Inoltre: sopralluogo, studio di fattibilità, lavori, permessi, attestazioni, burocrazia.

Il superbonus del 110%, la burocrazia e il tassello mancante: la lungimiranza

Il superbonus casa del 110%, nato per sollevare l’economia del Paese e rimettere in moto l’edilizia in affanno dalla crisi del 2008, sembra un prodigio di vantaggi per tutti. Ma è proprio così? Lo abbiamo chiesto a chi ha le mani in pasta da tempo: Paolo Righi, presidente della Confassociazioni Immobiliare, da sempre impegnato in attività politico-sindacale a sostegno della categoria degli agenti immobiliari, dei mediatori e dei consulenti del credito. E subito abbiamo buscato una collezione di clausole.

Soldi, infatti, non ce ne sono, e i cittadini non ne vedranno. L’inghippo: il bonus consta in realtà in un credito d’imposta, anche cedibile a certe condizioni. Si tratta cioè di un risparmio di tasse. Ma quali tasse, se con la crisi economica, resa più acuta dal lockdown per pandemia, i redditi dei cittadini sono precipitati? Il bonus si traduce così in un credito non esigibile, non riscuotibile. Lo posso però cedere. Ma a chi? In che modo? Con quali vantaggi? È davvero avverabile questo prodigio del 110%?

“Sì, è vero, e diciamo che si può avverare, ma solo a determinate condizioni”, ci risponde Righi. “E sia chiaro da subito: i cittadini non vedranno dei soldi. Tutt’al più ci saranno alcuni di loro, o chi per loro, che potranno scontarli dalle tasse. Idealmente si potrebbe dire: per i prossimi cinque anni pago meno tasse, perché quello che spendo lo posso scontare con questo famoso credito d’imposta”.

“Lo Stato quindi non dà soldi a nessuno, anche perché soldi non ce ne sono, e ha messo in moto un meccanismo che prevede la fornitura di 36 documenti, più l’asseverazione fiscale e l’asseverazione del progetto, che attesti che qualcuno vanti effettivamente questi crediti fiscali. Si tratta di una procedura complicatissima, che il cittadino da solo non può fare. Si deve rivolgere a dei professionisti, come un commercialista, e si badi che, se per un mero errore la persona non ha il diritto di avvalersi del credito, lo sconto si perde. Consiglio perciò di prestare massima attenzione, perché se uno spende dei soldi con la speranza di rientrare delle spese non solo non viene ripagato, ma ci rimette anche. Per questo motivo c’è l’asseverazione fiscale e, cosa ancora più importante, quella del progetto. Questo perché il superbonus del 110% prevede, giustamente a mio avviso, che a lavori conclusi ci sia un aumento di due classi della certificazione energetica, cioè un miglioramento delle prestazioni energetiche di due livelli”.

Sono tanti, due livelli. Non è facile raggiungerli, non crede?

Sì, sono tanti, ma nel nostro patrimonio immobiliare – mi riferisco a quello del boom del dopoguerra, degli anni Sessanta-Settanta – due classi sono il minimo che si potesse prevedere. Io avrei aggiunto anche l’accezione “due classi o la classe più alta comunque ottenibile”, perché se si fa un miglioramento di una sola classe in un palazzo in cui non è possibile fare altro, perché troppo vecchio, dovrebbe valere ugualmente. Ma così non è. Il grande tema però è questo: i piani regolatori. Per avere dei veri benefici da questo bonus, che comunque punta a rendere più efficiente il nostro patrimonio storico edilizio, che forse è tra i più vecchi e malandati d’Europa, dovremmo rivedere i piani regolatori, che vengono fatti ogni vent’anni e che purtroppo non prevedono l’abbattimento e la ricostruzione. In questo modo non si crea né sviluppo occupazionale né innovazioni. A parte Milano, dove sono state fatte scelte diverse, in tutte le altre città i piani regolatori sono bloccati, e tu devi costruire e ricostruire esattamente come si faceva vent’anni fa. Quindi è proprio tecnicamente, culturalmente, che il nostro Paese è bloccato. Anche in questo provvedimento legato al bonus, che pure io vedo con molto favore perché comunque fa qualcosa, non si prevede abbattimento e ricostruzione, non si prevede l’aumento della cubatura verso l’alto per recuperare spazi verdi anche all’interno delle città. Quindi c’è un modo di gestire l’edilizia a livello architettonico, paesaggistico e anche culturale che ci riporta ancora al piano casa Fanfani. Un Paese assolutamente arretrato.

Dunque, nessuna possibilità di successo?

Il superbonus del 110% avrà possibilità di avere un buon successo se sarà applicato ai condomini. Per i casi singoli il problema non c’è. Il privato che se lo può permettere, che ha tasse da scontare, farà questa operazione; per i condomini invece la cosa è tutta da vedere. La crisi c’è, e non è certo arrivata col COVID-19: nel settore immobiliare in particolare c’è dal 2011, ed è un derivato di quella del 2008. Poi certo, c’è stato il lockdown, durante il quale 450.000 giovani si sono visti interrompere tutti i contratti di collaborazione. Davanti a questo scenario è chiaro che ci sarà il condomino interessato e chi invece avrà addirittura problemi economici. È stata perciò prevista la cessione del credito d’imposta, cosa intelligente; perché se tra i dieci condomini c’è chi è in credito con il fisco, e quindi non può scalare dalle tasse le spese fatte, può cedere il suo credito d’imposta, ad esempio a un istituto bancario. Quindi: io faccio i lavori e tu, istituto bancario, li paghi e li scalerai dalle tue tasse. Spesa massima per ogni appartamento 30.000 euro. Dieci appartamenti, totale 300.000 euro. E di nuovo c’è una falla, perché o le banche preparano dei “pacchetti”, dei prodotti per cui all’interno del suddetto condominio l’amministratore può fare delle proposte (il cappotto isolante, i pannelli solari, etc.) in modo da superare le due classi energetiche con facilità, oppure entra in gioco la burocrazia. Perché se la banca fa il prodotto, il costruttore può recarsi all’istituto in rappresentanza del condominio x con il progetto, e i condomini devono solo deliberare i lavori da fare. La banca dà quindi la garanzia di fare il prestito ponte all’impresa su quel pacchetto. In questo caso il bonus del 110% sarà un successo; in caso contrario non funzionerà, per il semplice fatto che l’economia si basa ancora sul denaro.

Ma perché io cittadino devo rivolgermi all’istituto bancario? Perché non è entrata in scena la Cassa Depositi e Prestiti?

Perché è il salvadanaio dei cittadini, e quindi gli amministratori di CDP non possono mettere a rischio i risparmi degli italiani. Sono le banche che in tutto questo hanno un ruolo centrale, perché se non fanno i prodotti l’80% di quanti potrebbero avvalersi del bonus, cioè i condomini, non sarà in grado di farlo. L’amministratore di condominio, infatti, non è in grado di produrre e garantire tutti e 36 i documenti richiesti. Si rende quindi necessario incaricare un ingegnere, un professionista, che costa. Nel nostro Paese in crisi le uniche ad avere i soldi sono le banche, alcune delle quali vantano dei crediti con lo Stato ancora da compensare. Potrebbero perciò riscattarli, naturalmente con un plafond, anticipando i soldi alle imprese che faranno i lavori. Mi stupisco proprio per questo che il governo, al momento di redigere il provvedimento, non abbia convocato tutte le banche per strutturare con loro un piano anche con delle garanzie per il cittadino. Questo è far politica, e non è stato fatto.

Photo credits: www.edilresfriuli.it

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