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La scuola di Gianni Maddaloni insegna a vivere
Galleggiare sopra il luogo comune, quando si parla di hinterland napoletano, non è cosa semplice. Il rischio è rimanere impantanati in una lunga serie di presunte verità che conducono da nessuna parte, vicoli ciechi e labirinti in cui le parole inevitabilmente finiscono con il perdersi. Hinterland napoletano per me significa molte cose e sono quelle […]
Galleggiare sopra il luogo comune, quando si parla di hinterland napoletano, non è cosa semplice. Il rischio è rimanere impantanati in una lunga serie di presunte verità che conducono da nessuna parte, vicoli ciechi e labirinti in cui le parole inevitabilmente finiscono con il perdersi.
Hinterland napoletano per me significa molte cose e sono quelle cose tremendamente vere come i luoghi comuni che le accompagnano. Vere come quel dedalo di paesi e quartieri che non conoscono soluzione di continuità, reali come i ragazzini che sfrecciano con i loro scooter presidiando il territorio, l’immondizia sul bordo delle strade e quegli orribili palazzi scrostati e senza forma stracolmi di biancheria messa a stendere. Ti muovi e comprendi che lì in mezzo mancano essenzialmente due cose: bellezza e speranza.
Nell’area circumvesuviana ho tenuto decine di incontri sulla legalità e sull’ambiente, ho girato filmati e vissuto momenti non sempre tranquilli. Scampìa, Secondigliano, Sant’Antimo, Casavatore, Caivano, Giugliano e potrei andare ancora avanti con l’elenco, li conosco e conosco chi ci vive.
Conosco persone giuste e persone sbagliate, anche se certi concetti risultano piuttosto labili in terre dove lo Stato fatica ad avere una seppur minima credibilità. La parola Stato, nell’hinterland napoletano, non suscita simpatia, assomiglia a una promessa mancata, ad un qualcosa di impalpabile che compare tutti i giorni nei telegiornali, così come non suscitano simpatia i politici che promettono bonifiche del terreno e rinascite, ma soltanto nel periodo delle campagne elettorali. Poi più nulla, non è colpa loro, dicono, ma del sistema. Per il malaffare va benissimo così, avere come competitor un apparato fatiscente e menzognero è fantastico, neppure sembra vero.
Nel mese di maggio, in un incontro tenuto a Napoli nel bellissimo teatro Sanazzaro, nel cuore di Chiaia, ho portato con me Gianni Maddaloni. Come lui stesso dice, è il capo del clan più numeroso di Scampìa. Un clan particolare, perché Gianni, maestro di judo, da anni nella sua palestra fa crescere uomini e campioni sottraendoli alla strada. A suo figlio Pino fece scoprire questo sport quando sapeva appena camminare, e di strada ne ha fatta Pino, oro alle olimpiadi di Sidney.
Al teatro Sanazzaro, Gianni Maddaloni è venuto assieme a Max, un ragazzo poco più che ventenne sottratto alla bassa manovalanza della camorra quando era ancora bambino. Oggi Max è un giovane talento dello sport e combatte vestendo i colori dell’arma dei Carabinieri.
Quanto costa la retta allo Star Judo Club di Scampìa? Difficile dirlo. Nel centro sportivo di Maddaloni, pagare è spesso un optional troppo caro, una barriera insormontabile, ed è così che la maggior parte degli iscritti pagano quote minime o, cosa ancora più frequente, hanno accesso gratuito alla struttura. “Dal punto di vista economico è un bagno di sangue” mi dice Gianni, ma poi aggiunge “come posso far pagare un ragazzo che esce di galera o un adolescente che ha 4 fratelli in mezzo alla strada e il padre dietro le sbarre?”. Ed è così che Gianni prosegue il suo cammino, rinnovando e integrando continuamente il popolo del suo clan. Chi non è diventato campione di judo è magari riuscito a diplomarsi al conservatorio, perché la scuola di Maddaloni insegna a vivere. E a Scampìa non è semplice sconfiggere le regole della strada, ovverosia della camorra. Una scelta obbligata, quasi scontata per tanti ragazzi. Da una parte il guadagno piuttosto facile, si comincia come sentinelle del territorio, la pistola arriva dopo, e poi se ttieni e ppalle puoi anche fare carriera. Certo, morire o finire in galera sono i rischi del mestiere, ma l’alternativa qual è?
Lo studio? La ricerca di un posto di lavoro normale (nella legalità) che non esiste? La camorra paga, l’onestà no. La camorra ti mette i soldi in mano subito, il resto sono solo chiacchiere. Tutto lì. L’idea di un percorso di legalità nella maggior parte dei casi non viene neppure presa in considerazione, in quanto non considerata neppure un percorso.
Allora Gianni deve farsi carico di raccontare ai ragazzi che un mondo migliore è possibile, così come è possibile pensare che ci siano regole da rispettare, al di là di quelle dettate dai clan. C’è una cosa che puntualmente mi colpisce quando mi ritrovo in qualche scuola di quell’area orfana di regole, dove il cancro uccide i giovani perché il business dei rifiuti tossici occultati sotto terra ha dilagato per anni. A colpirmi sono i ragazzi. Gli studenti. I guaglioni. Hanno lo sguardo vivo e una reattività mentale impressionante. Hanno talento da vendere, la vita li ha resi grandi troppo presto e loro ne sono consapevoli. Difficile non rimanere stupiti di fronte alle loro analisi sempre lucide, alla loro capacità di saper cogliere le sfumature di ogni cosa. Hanno potenzialità enormi e quando ti ritrovi a parlare con loro, tutto questo diviene quasi tangibile. Quei ragazzi sono una forza, sprigionano energia, rappresentano la risorsa da coltivare e questo Maddaloni lo ha ben compreso da anni.
Tornerò in quell’area a settembre per girare un docufilm, un lavoro realizzato assieme ad un manipolo di adolescenti. Cercherò di condurli lungo un percorso particolare, perché vorrei fargli conoscere la bellezza, vorrei riuscire a mostrargli un nuovo orizzonte, quello che sarebbe possibile ammirare, se quei terribili agglomerati di cemento scrostato da 10 piani non fossero mai esistiti. Sostituire la cultura del brutto con quella del bello, forse è da lì che transita la speranza. Il lieto fine al momento non esiste. Troppe morti, troppi lutti, troppa galera, con il pregiudizio dell’altra Italia che incombe come un temporale estivo. Torno a pensare a Gianni Maddaloni, alle sue parole, al suo incredibile orgoglio di uomo di sport, tutto d’un pezzo, nessun compromesso, nessun cedimento.
Certo che sarebbe bello se lo Stato, quello con la esse maiuscola, si ricordasse di persone come Gianni, gli fornisse un supporto concreto, magari prima o poi accadrà, ma nel frattempo Gianni cammina, esce in strada e raccoglie ragazzi. Un sorriso, una stretta di mano e poi il sudore della palestra. Ricordiamoci dei Gianni Maddaloni, sono molti in Italia, non chiedono nulla e trasformano sogni in realtà.
[Credits foto: Histonium.net]
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