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Istruzione parentale: molti la fanno, nessuno ne parla
Istruzione parentale: è possibile? Ecco gli aspetti da tenere in considerazione per l’homeschooling dal punto di vista legale e organizzativo.
Nelle chat delle mamme la domanda è rimbalzata nei giorni scorsi, durante il can can sulla riapertura delle scuole: «Ma se ci affidassimo all’istruzione parentale?». La cosiddetta scuola da casa, o homeschooling. In molti in Italia, anche per la paura del contagio del COVID-19, questa decisione l’hanno presa.
Nel 2014 i bambini che non frequentavano la scuola erano circa un migliaio. In dieci giorni il corso aperto a Torino dall’associazione Educazione Biocentrica ha ricevuto un centinaio di adesioni, e si prevede per quest’anno un’impennata del numero di famiglie che non manderanno i figli a scuola.
Non sempre si tratta di una scelta educativa o ideologica, come avveniva qualche tempo fa; è anche dettata dalla paura e dalla volontà di non esporre i propri figli a rischi. Le strade al momento sono due: o si educano i ragazzi tra le mura domestiche oppure ci si rivolge a enti specializzati che si occupano di organizzare lezioni a domicilio o in mini-classi.
Una scuola a norma di legge
Quella della scuola parentale non è una novità di questi anni. La possibilità è sancita addirittura dalla Costituzione. Negli anni diverse norme hanno regolato questo tipo di educazione che è presente da sempre, anche se un tempo era soprattutto un privilegio per le classi più abbienti.
Insomma, si può anche non mandare i figli a scuola, ma comunque alcune regole non vanno trasgredite. La legge dice, infatti, che: «In caso di istruzione parentale, i genitori dell’alunna o dell’alunno, della studentessa o dello studente, ovvero coloro che esercitano la responsabilità genitoriale, sono tenuti a presentare annualmente la comunicazione preventiva al dirigente scolastico del territorio di residenza. Tali alunni o studenti sostengono annualmente l’esame di idoneità per il passaggio alla classe successiva in qualità di candidati esterni presso una scuola statale o paritaria, fino all’assolvimento dell’obbligo di istruzione».
In ogni caso i genitori sanno che la preparazione deve essere certificata tramite esami sostenuti davanti a una commissione di docenti della scuola pubblica. Anche per questo sono in molti a decidere di rivolgersi al personale esterno per la preparazione scolastica, anche solo di singole materie.
Istruzione parentale, alberghi e stanze vuote per le lezioni
L’idea è venuta a Giuliana Leban, torinese e fondatrice del centro Educazione Biocentrica. Si tratta di usare alberghi e bed and breakfast, o anche stanze vuote in genere, per svolgere lezioni con piccoli gruppi di ragazzi.
«Noi – spiega – operiamo di solito a Torino, da anni, con un progetto dedicato al recupero degli anni scolastici. Negli ultimi mesi però abbiamo lanciato l’iniziativa dell’homeschooling, per unire diverse esigenze e per andare incontro ai genitori di quei bambini e ragazzi che non se la sentono di stare tutto il giorno in classe con la mascherina o con il distanziamento sociale».
Un altro aspetto riguarda però direttamente la didattica, che potrebbe risentire in un qualche modo delle limitazioni imposte per combattere la pandemia. «Per rispettare il distanziamento – dice Leban – ed evitare gli assembramenti c’è il rischio che le ore di lezione durino meno, magari solo 40 minuti. Questo significa che il tempo realmente dedicato alla formazione rischia di venire meno. Le nostre ore saranno da 60 minuti e si va a scuola anche di sabato».
Tutti gli enti che stanno lanciando progetti di homeschooling si adegueranno ai programmi ministeriali, e stanno organizzando una rete di insegnanti e di luoghi sicuri su tutto il territorio nazionale per consentire il normale svolgimento delle lezioni. «Cerchiamo – continua Leban – di mettere in contatto chi ha una stanza a disposizione, i docenti che fanno lezione e gli alunni. Abbiamo già una rete di professori che insegnano in tutta Italia, e siamo in grado di coprire tutti i gradi di scuola dalle elementari fino alle superiori. Il costo parte da 250 euro al mese per le elementari e va crescendo, anche perché per medie e superiori il numero di docenti aumenta».
E c’è anche chi a scuola non ci è mai andato
In Italia sono molte le famiglie che hanno deciso di non iscrivere i propri figli a scuola, dando loro un’istruzione completa tra le mura domestiche.
Alessia Rossetti è una consulente di Roma che ha educato i suoi figli senza mandarli un solo giorno a scuola. Il più grande l’anno scorso ha superato l’esame di idoneità alla terza primaria (le vecchie elementari), riservato a quanti scelgono l’istruzione parentale. «La nostra famiglia – spiega – è stata impostata fin da subito in base ai nostri bisogni. Ritenevamo educativo anche per i ragazzi viaggiare e poter stare insieme. In realtà non è mai stata considerata una scelta di campo o definitiva quella di non mandare i figli a scuola, né abbiamo qualcosa contro la scuola tradizionale. Ogni anno ci chiediamo se sia giusto o se non sia il caso di iscriverli alla scuola statale».
Finora l’istruzione parentale per Alessia e suo marito si è rivelata una scelta costruttiva, che permette loro di impostare la vita famigliare nel modo che a loro è più congeniale. «Ci sentiamo più a nostro agio nella gestione degli orari e del percorso educativo. Insegnare a un bambino solo è diverso, perché consente di seguirlo meglio e di muoversi con più facilità. Si possono trovare anche nuovi metodi: noi ad esempio viviamo a Roma, e la parte storica sugli antichi romani la possiamo imparare andando sul posto. Abbiamo poi una rete di amici che mettono a disposizione le loro conoscenze: per imparare le lingue ci siamo rivolti a una docente di inglese, e i miei figli sono iscritti a una scuola di musica. Inoltre andiamo spesso alla biblioteca di quartiere, dove ormai ci conoscono e ci danno anche una mano nello studio».
Homeschooling, una scelta per molti, ma non per tutti
Nei giorni scorsi ad Alessia sono arrivate diverse telefonate di genitori e conoscenti interessati all’esperienza dell’istruzione parentale. Molti l’hanno chiamata spinti dalla paura del ritorno in classe. «A tutti ho detto che quella della scuola da casa è una bellissima esperienza, ma che è anche faticosa. Comporta delle rinunce. Mio marito ha cambiato lavoro; io sono una libera professionista e spesso di giorno mi dedico ai bambini; alla sera lui sta con loro e io mi metto al lavoro. La nostra è stata una scelta che ha cambiato il nostro modo di vivere in maniera piuttosto radicale. Per questo a chi me lo chiede dico sempre di rifletterci molto».
Avere lavori che si possono svolgere da casa, o che comunque lasciano tempo libero, aiuta, e di base anche la disponibilità economica è importante. «Due persone con un lavoro che le tiene lontane da casa tutto il giorno difficilmente potranno impartire un’istruzione parentale ai figli. Prima di fare una scelta del genere è necessario chiedersi quanto si è disposti a cambiare la propria vita». Che non sempre diventa quella di un eremita immerso nella propria famiglia e distaccato dal mondo. «Sappiamo che la socializzazione è importante – continua Rossetti – e per questo comunque i miei figli svolgono diverse attività extrascolastiche, come cantare in un coro o giocare a basket. In passato hanno frequentato un centro educativo Montessori. Lo sport è importante per i ragazzi che fanno scuola a casa, ma anche attività socializzanti come frequentare i boy scout».
Photo by Jessica Lewis on Unsplash
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